CRITICA

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Non c’è distanza tra la pittura di paesaggio di Venanzio Manciocchi e quella religiosa. Le sue spiagge, i suoi Circei, le sue nature segnate da spessori cromatici e fenditure e porosità che si stagliano contro un cielo azzurrissimo al confine tra visione e osservazione, le sue marine deserte e le macchie di vegetazione mediterranea, contengono essi stessi una dimensione di intima spiritualità, riflettono un sentire che riverbera nel profondo una dimensione di sacrale silenzio. La pittura di Manciocchi non è tuttavia solo materia spiritualizzata, simbolica ed evocativa.
Tutt’altro. È come se l’artista nello sguardo naturale ritrovasse la carne di una consonanza interiore, di un precipitato dell’anima tutto sensitivo, che si specchia nella natura. Lo testimonia il suo registro espressivo, sospinto senza varcarlo verso una sorta di espressionismo informale, affidato ad una materia grumosa, stratificata, talora tormentata.
E tuttavia si tratta di una natura raramente drammatica. La cifra della pittura di Manciocchi, quel suo amalgamare il colore e impastarlo di vibrazioni interne e sonore, ma anche misteriose e seducenti, sembra contenere in sé una pensosità antica. Sicché in genere nello spartito dell’artista prevale un colore caldo o comunque rasserenante, che restituisce allo sguardo anima e poesia.
Tutto questo nella pittura religiosa è in parte differente. Non c’è solo una tensione psicologica e spirituale, non c’è solo la percezione di un oltre che si intuisce come spinta interiore e talora come presupposto. C’è il segno, soprattutto il segno crucifero, che rimanda ad una precisa geografia confessionale, ad un preciso itinerario di fede. Un segno che peraltro non appare stagliato come elemento a sé, tantomeno figurativo, ma che sembra innestarsi nel contesto come improvvisa apparizione, emergere come da un fondo di oscurità senza tempo e squarciarlo come silenziosa esplosione.
Dove il contesto, per quanto in una opposizione di toni, è come un diaframma di luce, che per contrasto esalta l’irrompere del divino, il suo sorgere come illuminazione.
I crocifissi di Manciocchi sono approdi, solennità dell’anima, dicono la speranza della fede nel calice della vita.
Giorgio Agnisola
 
Lo_specchio_interiore
dalla_croce_alla_resurrezione